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NewsAgapeUP Piove di Sacco     |     n. 28,  28 settembre 2019 

Papa Francesco: Liturgia eucaristica: Presentazione dei doni

Nella Liturgia eucaristica, “attraverso i santi segni, la Chiesa rende continuamente presente il Sacrificio della nuova alleanza sigillata da Gesù sull’altare della Croce. È stato il primo altare cristiano, quello della Croce, e quando noi ci avviciniamo all’altare per celebrare la Messa, la nostra memoria va all’altare della Croce, dove è stato fatto il primo sacrificio. Il sacerdote, che nella Messa rappresenta Cristo, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli nell’Ultima Cena: prese il pane e il calice, rese grazie, li diede ai discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate … bevete: questo è il mio corpo … questo è il calice del mio sangue. Fate questo in memoria di me.
Al primo gesto di Gesù: «prese il pane e il calice del vino», corrisponde quindi la preparazione dei doni. È la prima parte della Liturgia eucaristica. E’ bene che siano i fedeli a presentare al sacerdote il pane e il vino, perché essi significano l’offerta spirituale della Chiesa lì raccolta per l’Eucaristia. È bello che siano proprio i fedeli a portare all’altare il pane e il vino. Sebbene oggi «i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla Liturgia, tuttavia il rito della presentazione di questi doni conserva il suo valore e significato spirituale». Il popolo di Dio che porta l’offerta, il pane e il vino, la grande offerta per la Messa! Dunque, nei segni del pane e del vino il popolo fedele pone la propria offerta nelle mani del sacerdote, il quale la depone sull’altare o mensa del Signore, «che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica». Cioè, il centro della Messa è l’altare, e l’altare è Cristo; sempre bisogna guardare l’altare che è il centro della Messa. Nel «frutto della terra e del lavoro dell’uomo», viene pertanto offerto l’impegno dei fedeli a fare di sé stessi, obbedienti alla divina Parola, un «sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente», «per il bene di tutta la sua santa Chiesa». Così «la vita dei fedeli, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale, e in questo modo acquistano un valore nuovo».
Con l’orazione sulle offerte il sacerdote chiede a Dio di accettare i doni che la Chiesa gli offre, invocando il frutto del mirabile scambio tra la nostra povertà e la sua ricchezza. Nel pane e nel vino gli presentiamo l’offerta della nostra vita, affinché sia trasformata dallo Spirito Santo nel sacrificio di Cristo e diventi con Lui una sola offerta spirituale gradita al Padre.”
[APPROFONDIMENTO>>]
I ministeri laicali, vedi alla voce…

Carissima parrocchia “senza prete”,
sono stato dalle tue parti domenica per una buona scorribanda con la mia automobile e sono passato davanti alla tua chiesa in un bel paesetto di montagna sopra la valle in cui ho casa. Erano le 10.30/11 suonavano le campane, un po’ di gente spegneva la sigaretta sul sagrato ed entrava. Ma guarda che mi posso ascoltare una messa in questo bel paesetto lindo, pulito, pieno di fioriere! e sono entrato anch’io perché talvolta sento di avere qualche domanda che mi gira per la testa e qualche sussurro di coscienza da ricuperare;  non sono un praticante, mia moglie e i mei ragazzi ci vanno più di me.
Vedo quattro coppie di genitori che cantano, i ragazzi li seguono e suonano bonghi e chitarre, le mamme tengono i più piccoli e dopo il canto mi aspetto di vedere il prete che entra o forse non l’ho visto tra quei genitori. Sta di fatto che cominciano a leggere ad alta voce, tutti fanno silenzio, una lettura mi pare il vangelo: racconta di un riccone che invita tutti a fare una festa e nessuno ci vuol andare. Intervengono tutti, dicono la loro, io non mi permetto di parlare perché mi sento  molto estraneo, ma un poco alla volta mi tirano dentro; vedono che sono forestiero, mi fanno accomodare più avanti, stringo un po’ di mani, guardo i bimbetti. Trovo una serenità e una solidarietà impensabili. A un certo punto tutti si danno la mano e dicono una preghiera che devo aver imparato anch’io all’asilo, metto anche le mie mani a disposizione. E ci si abbraccia tutti, i bambini pure mi vengono a dare la mano. Un papà gira con un vaso sacro e fa la comunione. La prendo pure io come faccio qualche volta quando vado in chiesa con  mia moglie e i bambini.
C’è un problema nel paese, manca l’acqua nelle case da qualche giorno e si decide che chi di loro se ne intende per il suo lavoro si darà da fare col sindaco e si offrirà per aggiustare. Una mamma piange per sua figlia che non torna a casa da due giorni e chiede che qualcuno l’aiuti a cercarla. Un giovane ‘sta settimana ha gli esami e chiede preghiere. Un nonno  e una nonna si mettono a disposizione al pomeriggio per tenere i bambini più piccoli, mentre tutti sono invitati a valle dal prete. Ecco, finalmente sento parlare di un prete. Me ne ero dimenticato. Faccio mente locale che lì non s’è fatta messa.
Ho trovato la serenità che cercavo, un calore umano che da un po’ non provavo, una domanda che mi andava al fondo della coscienza e mi diceva: ma questo Dio esiste ancora. Loro ne erano sicuri e me lo hanno dimostrato.
Vi ringrazio, mi avete aiutato a ritrovare Dio, mi è ritornata la nostalgia di un prete con l’ostia in una mano e un calice nell’altra, che mi hanno sempre fatto pensare al Calvario e ai miei innumerevoli dolori della vita.
Mi è montata questa nostalgia, ma non  mi è mancata la pace di Dio e la gioia di una comunità. Grazie “parrocchia senza prete”, chiederò a mia moglie e ai miei bambini come vi possiamo partecipare anche noi.
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Firmato: Un papà che cerca e non si accontenta della nostalgia
I migranti economici: una storia tra tante

“… leggi di quella colf filippina, caduta dal quarto piano di una casa del centro di Milano mentre puliva i vetri, e scopri un mondo.
Scopri che al suo Paese la colf era una manager, aveva diretto la filiale di una multinazionale americana fino alla crisi del 2006.
Scopri che a quarant’anni si era rimessa in gioco, accettando di venire in Italia a fare le pulizie.
E scopri che l’aveva fatto per pagare gli studi ai tre figli…”
In cammino per Santiago di Compostela

Scusi, dov’è il nord?
Non è il titolo di un nuovo film, no; è la domanda che a Lisbona, all’inizio del mio Camino, feci a un ragazzo: scusa, questa è la direzione giusta per Santiago?
Per San-Che?? C’è una chiesa di Santiago, come ce ne sono altre dedicate ad altri santi, ma a nessuno verrebbe in mente di chiedere la direzione per una mèta di oltre 650 chilometri. E’ come, ho pensato, chiedere a Piove la strada per andare al Santo a piedi: ti verrà indicata la strada per la chiesa di san Nicolò, san Rocco, san Francesco …
Ebbene sì, ho fatto quella domanda (rifatta molte altre volte nei giorni a seguire) da Lisbona verso Santiago de Compostela: io, anziana signora, moglie mamma e nonna, con uno zaino non leggerissimo, sola – non potevo essere credibile, forse neanche del tutto sana di mente.
Invece l’ho percorso eccome il Camino, trovando sempre la direzione giusta, seguendo la freccia gialla (seta amarella), fino in fondo.
Perché si fa il Camino? Chi lo percorre e cosa fa muovere le persone che lo affrontano?
Il Camino è fatto di persone di ogni età provenienti da varie parti d’Europa e del mondo, per i motivi più diversi: affrontare una scelta importante per la propria vita, chiedere una grazia, scappare da qualcosa o da qualcuno, per curiosità (in tanti!), perché è un bel trekking …
Io, per esempio, ho ascoltato una voce. Mi veniva e mi viene spesso in mente il ritornello di un canto imparato a Spello negli anni settanta, ancora adolescente: “Se senti un soffio nel cielo … ascolta, è una voce che chiama, è l’invito ad andare lontano”. Ho sentito e seguito quella voce: sarà che mi piace camminare, che conosco il linguaggio del vento …
Avevo comunque anch’io lo zaino pieno di ‘intenzioni diverse’: persone malate, richieste di guarigione, amici in difficoltà, giovani senza lavoro; e poi preghiere di ringraziamento per una guarigione avvenuta, per una vita nuova ‘miracolosamente’ in arrivo. Insomma, non ero sola ma in compagnia di tante persone, dei loro volti e delle loro attenzioni, oltre che di altri pellegrini con i quali ho condiviso tratti di cammino, parlando una lingua del Camino comprensibile a tutti.
E’ bello iniziare la tappa con le prime tenui luci  del giorno, quando la natura è ancora avvolta in una quieta penombra e l’alba … come si può descrivere l’alba? Come definire le emozioni che si provano assistendo a questo miracolo che si rinnova ogni mattina? Con le parole del salmo 18/19 “I cieli narrano la gloria di Dio, non è linguaggio e non sono parole”.
Camminando si coglie una piacevole sensazione di libertà, di armonia con il creato, con il paesaggio che ci circonda. Si sente sotto i piedi il riverbero dei passi di quanti ci hanno preceduto: ieri sera? cento, mille anni fa?
Sorgono spontanee preghiere di ringraziamento per frate sole, per sora acqua preziosa e bella, per quei frutti spontanei apparsi quando hai fame e mancano ancora un paio d’ore al primo ristoro dove poter fare colazione, “In pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce”.
Il pellegrino è un … pellegrino, non si attacca a niente, non si affeziona a un luogo, anche l’albergue più comodo domattina lo lascerò, anche il paesaggio più bello non lo posso trattenere … è una sensazione di leggerezza.
Il mio giogo infatti è leggero”, lo zaino non pesa più, è un tutt’uno con la schiena, man mano che mi avvicino alla mèta avverto quasi una spinta ad andare avanti, i piedi quasi corrono … la mèta … eccola là, la Cattedrale, l’arrivo agognato… si comincia a piangere di gioia, di stanchezza, di emozione e già di nostalgia: non imposterò più i miei passi al ritmo degli eucalipti, dolce musica che mi ha accompagnata per tanta parte del Camino.
Si torna cambiati? No, non è questo l’obiettivo: camminando, rallentando il ritmo ordinario della propria vita si ‘rischia’ di essere raggiunti da una diversa consapevolezza di sé e del senso della vita, da una straordinaria leggerezza, dalla percezione che il Signore passa e non è “nel vento impetuoso da spaccare le pietre, né nel terremoto né nel fuoco”, ma nel mormorio di una brezza leggera (1Re, 19, 11-12).   
(una pellegrina di sant’Anna)
Buone pratiche

Una ventina di persone dell’Unità pastorale di Piove ha partecipato la notte dal 23 al 24 agosto scorso alla memoria delle 52 vittime e della persistente distruzione nel 3° anniversario del terremoto ad Arquata del Tronto.


 
Parco-giardino della parrocchia di Sant’Anna, giovedì 26 settembre verso le 18. Una decina di bambini tra i 4 e gli 8 anni giocano insieme con le bici; una mamma si avvicina al figlio che sta mangiando in ‘ciuceto’ e gli chiede “chi te l’ha dato?”; “quel bambino là, quello con la felpa blu” risponde, indicando l’unico ragazzino di colore del gruppo.
(gp)

 
«Non intendo vivere lo fede
che fugge dal mondo
ma quella
che resiste nel
mondo
e ama e resta fedele o Dio».
 Dietrich Bonhoeffer







 
Dopo aver camminato per sentieri non praticati e valli antiche, è partito senza valigia, all'età di 82 anni,
 
don Giuseppe Stoppiglia
prete e viandante
 
mentre il suo amato confratello don Gaetano Farinelli, assieme alle sorelle suor Giuseppina, Adriana, Flora, Giacomina, con i coniugi Nico, Toni e Battista, i numerosi nipoti e gli amici della Associazione Macondo Onlus, della quale è stato fondatore e presidente, lo seguono con lo sguardo e lo salutano fino all'ultima curva del sole.

I funerali si terranno a Pove del Grappa, nella chiesa parrocchiale di san Vigilio,
giovedì 26 settembre 2019, alle ore 15:00
 
Nella stessa chiesa mercoledì 25 settembre alle ore 19:00 reciteremo il santo rosario.
Pove del Grappa (Vicenza), 24 settembre 2019


Marco Balzano,
Resto qui
(Einaudi, 2018, € 18
)


 

 “Leggere nuoce gravemente all’ignoranza!” (Dino Licci)

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